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Amministratore Requisiti

 

 

Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro:

a) che hanno il godimento dei diritti civili;

b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per  il  quale  la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel  minimo,  a due anni e, nel massimo, a cinque anni;

c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;

d) che non sono interdetti o inabilitati;

e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco  dei  protesti cambiari;

f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia   di amministrazione condominiale.

I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile.Possono svolgere l’incarico di amministratore di  condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In  tal  caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati  di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a  favore  dei quali la società presta i servizi.La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed  e) del  primo  comma  comporta  la  cessazione  dall’incarico.In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore.

A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma.

Resta salvo l’obbligo di formazione periodica.   

Supercondominio

Unificando più edifici entro una più ampia organizzazione condominiale, connotata da servizi e manufatti in rapporto di accessorietà con gli immobili, al supercondominio si applicano le norme in materia condominiale e non la disciplina generale della comunione.

Con la sentenza 10 ottobre-10 dicembre 2019, n. 32237 (testo in calce) la Suprema Corte di Cassazione, sez. II civile, torna a pronunciarsi in materia di condominio negli edifici.

La Corte ribadisce l’esistenza, “ipso iure et facto”, del supercondominio ogniqualvolta vi siano più edifici, costituiti o meno in distinti condominii, legati funzionalmente dall’esistenza di manufatti, impianti o servizi comuni ai fabbricati ed in rapporto di accessorietà con questi ultimi, tali da precluderne il godimento autonomo.

La qualificazione “supercondominiale”, osserva la Corte, replica al plurale la nozione di condominio ed il vincolo di accessorietà esistente tra la parte comune “servente” e gli immobili “serviti” comporta l’applicazione della disciplina specifica in materia condominiale in luogo di quella generale della comunione.

Definizione di regolamento condominiale

Una definizione precisa e univoca di regolamento  condominiale non sussiste nel codice civile o in altre leggi speciali, tuttavia l’art 1138 cc stabilisce che: “Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione”.

Il regolamento si potrebbe dunque definire come quell’atto o documento contenente tutte le norme che regolano l’amministrazione del condominio: l’uso delle parti comuni, la ripartizione delle spese tra condomini, oltre che i diritti e gli obblighi tra ciascuno di loro.

Ne consegue la necessità che ogni singolo proprietario conosca il regolamento del condominio e, soprattutto, lo osservi e rispetti per evitare spiacevoli situazioni che possano inficiare il corretto funzionamento dello stesso.

Riferimenti normativi

L’art. 1138 disciplina il regolamento c.d. “assembleare”: la sua adozione   risulta essere obbligatoria quando il numero dei condomini sia superiore a dieci e sia adottato dall’assemblea anche su iniziativa di uno solo dei condomini[1]. Per l’approvazione del regolamento occorre una delibera dell’assemblea approvata con la maggioranza stabilita dal comma 2, dell’art. 1136 c.c. [2].

I condomini che siano contrari, o assenti, potranno far valere le loro ragioni attraverso l’applicazione delle regole ordinarie relative all’impugnazione delle delibere assembleari (ex art.1107 c.c.)

Il regolamento, di seguito, sarà inserito nel registro dei verbali e delle assemblee, curato dall’amministratore[3].

Il comma 4, dell’art. 1138, unitamente all’art. 72, disp. att. cc. fissa alcuni limiti precisi che l’assemblea condominiale non può derogare e, nel caso di violazione, prevale comunque la disposizione normativa a scapito di quella regolamentare.

Il regolamento assembleare, in particolare, non può menomare i diritti di ciascun condomino quali risultino dagli atti di acquisto, da altre convenzioni o vietare di possedere animali domestici[4]; inoltre, non può mai derogare alle disposizioni contenute negli artt. 1118, comma 2, 1119, 1120, 1131, 1132, 1136 e 1137 del codice civile, nonché agli artt. 63, 66, 67 e 69 delle disp. att. c.c.

Tipologia

regolamenti condominiali non sono tutti uguali: la loro rilevanza, infatti, è profondamente diversa se siano approvati nell’ambito dell’assemblea condominiale a maggioranza (ex art. 1138 cc) oppure se sottoscritti o accettati dall’ unanimità dei condomini, come ad esempio quando siano sottoscritti dal costruttore e allegati al rogito.

Quest’ultimo caso è indicato come regolamento cosiddetto “contrattuale”.

La differenza non è di poco conto poiché il codice civile ammette che molte delle norme regolamentanti il condominio possano essere derogate dal regolamento c.d. contrattuale che quindi prevale sulla legge.

In particolare, solo un’apposita convenzione tra tutti i partecipanti al condominio può determinare il contenuto

del diritto di proprietà di ciascun condomino, stabilire criteri di ripartizione delle spese diversi da quelli legali (art. 1123, 1° co.), derogare alla disciplina dispositiva in materia di perimento dell’edificio (art. 1128, 1° co.), di sopraelevazione (art. 1127), di parti comuni (artt. 1127 e 1118). Si tratta, evidentemente, di veri e propri contratti/convenzioni che ineriscono all’oggetto o al contenuto del diritto di ciascun condomino, che necessitano di forma scritta (art. 1350) e di essere resi pubblici col mezzo della trascrizione ai fini della opponibilità ai successivi aventi causa (art. 2643).

Giurisprudenza e dottrina utilizzano la locuzione «regolamento di condominio» per riferirsi genericamente a quel testo per poi distinguere le clausole che esprimano una volontà contrattuale e traggano forza vincolante dal consenso unanime dei condomini – c.d. contrattuali – da quelle che manifestino una volontà collegiale e sono modificabili a maggioranza, c.d. regolamentari o assembleari.

La natura di una clausola regolamentare dipenderà, dunque, unicamente dal suo contenuto[5].

Infine, qualora l’assemblea non riesca ad approvare il regolamento, il condominio dovrà ricorrere al giudice affinché provveda a tal fine, fatto salvo quanto espressamente previsto negli artt. 1138 c.c. e 72 disp. att. c.c.

In tale ultimo caso avremo un regolamento cosiddetto giudiziario.

Inosservanza del regolamento condominiale e sanzioni

La cura del rispetto del regolamento di condominio rientra tra i compiti dell’amministratore e qualora questi non provveda, verrà meno al proprio mandato con il rischio di poter essere legittimamente sostituito dall’assemblea.

A monte dell’art. 1130, comma 1, c.c., infatti, l’amministratore deve “(…) curare l’osservanza del regolamento di condominio”, di conseguenza ciascun condominio può esigere che intervenga per reprimere le violazioni del regolamento.

Nel caso in cui comunicazioni verbali e raccomandate non siano sufficienti, l’amministratore potrà infliggere una sanzione economica sino a giungere   nei casi più gravi a fare ricorso all’autorità.

Il nuovo art. 70 disp. att. c.c. sancisce espressamente che “Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro

Via della Pavoncella, 5, 56019 Vecchiano PI

Telefono: 331 921 8477